Origine dell'onomastica italiana
Origine dell'onomastica italiana
I nomi italiani, a seconda della loro origine, si possono suddividere in tre gruppi principali: latino, cristiano e germanico. La prima fonte dell'attuale onomastica italiana è quella latina imperiale che, come noto, prevede tre elementi, un praenomen, o nome individuale (Pvblius), un nomen, o nome nobiliare (Cornelius) e un cognomen, o soprannome (Scipio). Fra iv e v secolo tale sistema entra in crisi e si assiste alla graduale affermazione di un sistema a nome unico. Fra le ragioni del mutamento va considerata la diffusione del messaggio cristiano che, predicando l'uguaglianza fra tutti gli uomini, spinge molti seguaci ad adottare il solo nome personale, tralasciando qualunque riferimento alla famiglia di origine. Molto rilevanti sono poi le conseguenze della concessione a tutti i liberi dell'impero della cittadinanza romana (prima esclusiva degli abitanti di Roma e dell'Italia), sancita da Caracalla nel 212 d.C.: ciò comporta l'estensione a enormi masse di persone, fra cui schiavi affrancati e immigrati, di quei pochi nomi già esistenti, che vengono così a perdere autentica funzione distintiva. I nomi unici che si vanno diffondendo in questi secoli possono derivare tanto da uno dei tre elementi dell'onomastica latina quanto da quelli introdotti da schiavi di origine straniera e da cristiani appena convertiti: spiccano i nomi evangelici e dei primi martiri, a partire dal protomartire Stefano, oltre a quelli che si collegano a festività religiose (Epiphanius e Paschasius) o a doti specifiche, come le tre virtù teologali Fides, Spes e Caritas.
Ma l'apporto onomastico dei primi cristiani è in realtà abbastanza limitato e la maggior parte dei loro nomi di battesimo deriva in effetti da quelli latini preesistenti. Spesso, però, a forme già diffuse nella Roma pagana viene attribuito un significato profondamente modificato rispetto all'originario: è il caso soprattutto dei nomi augurali e gratulatori, cioè esprimenti un augurio per il nuovo nato oppure la gioia dei genitori per la sua nascita. Ora, ovviamente, il ringraziamento è rivolto al Dio cristiano invece che a qualche divinità pagana, mentre la felicità e la fortuna auspicate da nomi quali Gaudiosaf e Fon:mins vengono intese in senso ultra-terreno. Anche alcuni nomi cosiddetti "teoforici", contenenti cioè il nome di Dio come forma di ringraziamento o di lode, già atte-stati nel latino pagano, sono interpretati secondo la nuova mentalità cristiana (è il caso di Deogratias o Dominicus). La massiccia influenza germanica si esplica in modo più frammentario, a partire dalla penetrazione in Italia degli ostrogoti, intorno alla fine del v secolo; dal vi all'viii secolo, invece, sono i longobardi a dominare la penisola, anche se il loro influsso si fa marcato soltanto dopo la conversione al cattolicesimo, avvenuta nei primi decenni del vii secolo. Ma l'influenza germanica più notevole è certamente quella dei franchi, che esercitano saldamente il loro dominio sull'Italia centro-settentrionale fra viii e ix secolo: è il loro un ascendente dettato soprattutto da fattori di prestigio, a seguito della nuova fioritura culturale promossa da Carlo Magno. Infine, fra x e xiii mi secolo, si assiste a una nuova diffusione di nomi germanici, non legata alla vittoria di alcun popolo in particolare, ma dovuta alla grande autorità, anche morale, di imperatori, nobili e regnanti di origine germanica variamente distribuiti sul territorio della penisola.
L'enorme successo delle forme di derivazione germanica, evidente anche nell'attuale onomastica italiana, può suscitare qualche perplessità se si considera il numero, tutto sommato poco rilevante, di ostrogoti e longobardi insediatisi in Italia, oltretutto portatori di una cultura molto diversa da quella degli abitanti locali, quindi con essi poco integrati. Va però tenuto presente che nei primi secoli del Medioevo la stragrande maggioranza della popolazione non avverte ormai alcun legame con la tradizione latina,che quindi non è più in grado di soccorrere nel momento della scelta di un nome con un significato specifico. Di contro, sempre maggiore si fa l'influenza della Chiesa e della devozione cristiana, che spinge molti ad adottare nomi di santi e patroni religiosi, sempre più spesso di derivazione germanica. Un'altra fase di grandi trasformazioni nell'onomastica italiana si ha fra xiii e xiv secolo, quindi ancora in un momento di profonde innovazioni politiche e sociali, segnato dalla graduale affermazione delle appena formatesi classi "borghesi" e del loro mutato atteggiamento verso la realtà e la religione. Già a partire dal x secolo diversi nomi, percepiti come distanti dai nuovi gusti e dalle nuove esigenze, erano andati gradatamente scomparendo: si trattava spesso di nomi non supportati da alcuna particolare figura, laica o religiosa, che desse loro lustro e che consentisse una qualche forma di identificazione. Non a caso, è proprio nel periodo successivo che si afferma, fino alla sua sanzione ufficiale, l'uso del cognome, divenuto indispensabile nell'ambito di una società in cui i documenti scritti, siano essi economici o giuridici, assumono importanza crescente.
Si avverte però anche l'esigenza di altri nomi di uso familiare e quotidiano, che sostituiscano o almeno affianchino quelli ereditati dal passato: nascono così nuove creazioni onomastiche, coniate secondo gli stessi procedimenti che sono tuttora responsabili delle continue modifiche dei repertori nominali. Ecco quindi imporsi nomi augurali e affettivi dal valore analogo a quelli di radice latina, ma formati stavolta a partire dalla lingua volgare, tra i quali si può citare Benvenuto; sempre di matrice linguistica volgare sono gli appellativi, divenuti poi veri nomi propri, che rivelano l'origine (i cosiddetti "etnici"), la professione o la condizione sociale, a partire dal molto comune Francesco; non mancano nume-rose alterazioni di forme preesistenti, che assumono però valore autonomo e indipendente, da Gianni ad Antonello. Rinnovato successo arride infine a forme attestate ormai da tempo, rese ora più insigni da illustri omonimi, siano essi esponenti di case regnanti e nobili stirpi o santi particolarmente venerati: fra i primi si conta-no una lunga serie di nomi tedeschi ricorrenti nelle dinastie imperiali di Sassonia, Franconia e Svevia, da Enrico a Corrado a Federico; per i santi di poco anteriori e oggetto di grande culto si va da Antonio da Padova a Domenico di Guzmàn, da Francesco d'Assisi a Chiara d'Assisi. Il susseguirsi di diversi movimenti culturali e le successive invasioni straniere che interessano l'Italia dal xiv al xx secolo non sono certo prive di conseguenze sul sistema onomastico nazionale, ma non hanno portata tale da indurre a trasformazioni paragonabili a quelle avvenute all'inizio e alla fine del Medioevo. Tra le modifiche anteriori al xix secolo le più notevoli sono quelle introdotte durante l'Umanesimo e il Rinascimento (secoli xv-xvi), consistenti essenzialmente nel recupero di nomi della tradizione classica interpretati secondo il significato etimologico o come omaggio a influenti figure della storia greco-romana: Claudio, Adriano, Lidia, Alba. Discreta è anche l'immissione di nuove forme coniate su modello di nomi stranieri moderni a seguito delle diverse dominazioni in determinate aree della penisola; le più numerose sono quelle di matrice iberica, risalenti al xviii secolo, in corrispondenza dell'assoggettamento ai Borboni dell'Italia meridionale (fra queste ricordiamo almeno Agiato e Ferdinando). A partire dal secolo scorso si fa più ricorrente l'adozione, del resto già verificatasi nei secoli precedenti, dei nomi di celebri figure letterarie (Lata) o teatrali, specie liriche ( Violetta), la ripresa di quelli di figure in qualche modo esemplari di un atteggiamento politico e ideologico (Emanuele Filiberto, Benito) o addirittura la creazione di nuovi nomi propri che siano espressione di ideali e valori politici (Libertà).
I nomi in Italia
I nomi in Italia
Secondo le indagini più attendibili e più recenti, il repertorio onomastico italiano si compone di 17.000 "forme nominali", cioè dei vari nomi con tutte le diverse varianti, di cui circa due terzi sono maschili e solo un terzo femminile. Di queste forme nominali una netta maggioranza, circa il 57%, ha origine e motivazione religiose, in genere cristiana, con nomi biblici o legati al culto per santi particolari; si contano, anche se il loro numero è nettamente inferiore, pure forme di tradizione israelitica, a loro volta spesso entrate nell'uso cristiano, sia in anni recenti che già nel passato (specie nel caso dei nomi di profeti o personaggi del Vecchio Testamento). Il restante 43% è costituito da nomi laici di varia origine, da quelli più generici, pri-vi di significati particolari (Enzo), a quelli con valore augurale e affettivo (Gioia, Diletta), al folto gruppo delle derivazioni latine (Cesare, Giulio, Pafrizia). E poi, affermatisi soprattutto a partire dai secoli moderni, forme di matrice ideologico-politica (Roma, Nazario Sauro), nomi resi popolari da celebri opere letterarie, musicali o teatrali (Cosetta, Norma) e, in anni più recenti, da personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo (Samantha), fino ai veri e propri nomi "di moda", dalle origini più disparate. Come ovvio, tale classificazione non va intesa in modo troppo rigido, ma va considerata la possibilità di scambi e passaggi continui.
Il valore e la scelta del nome
Il valore e la scelta del nome
Il nome proprio di persona è una parola, un vocabolo che serve a indicare un individuo specifico, unico e ben definito. In alcune civiltà è considerato addirittura un elemento distintivo della personalità: in Cina si ritiene perforo che un neonato non debba mai essere chiamato con un nome che altri hanno avuto prima di lui. Per i pellerossa del Nordamerica il nome coincide con l'anima e segna il destino di chi lo porta, per questo viene spesso coniato a partire da un evento realizzatosi alla sua nascita; nella lingua miwok, ad esempio, Huyana significa "pioggia che cade", e una ragazza così chiamata è sicuramente nata durante un temporale. Ma anche nel mondo occidentale il nome è una specie di etichetta che ciascuno si trova addosso suo malgrado e che lo distingue dagli altri, talvolta attribuendogli particolari caratteristiche e qualità o rivelando aspettative e sentimenti dei genitori. Questi, che sono i primi responsabili del modo in cui il figlio, anche da adulto, si presenterà agli altri, dovrebbero forse preoccuparsi di evitare scelte troppo impegnative e magari un po' rischiose: Ercole è certo un bel nome, ma non troppo adatto a un ragazzo di gracile corporatura e cagionevole di salute; Stella può trasformarsi in una presa in giro per una donna non proprio avvenente. L'originalità a ogni costo non è sempre il miglior criterio di selezione, o di invenzione, dei nomi per il nascituro, e sarebbe interessante sapere cosa pensano a riguardo i portatori di certi nomi "unici" coniati in occasione di determinati eventi storico-politici, scientifici, o anche solo sportivi, quali Skylab e Mundial.La facoltà di dare libero sfogo alla propria fantasia è stata concessa ai genitori italiani solo in tempi relativamente recenti: fino a non molto tempo fa, infatti, vigeva ancora la prescrizione del Concilio di Trento (1545-1563) secondo cui tutti i nomi di batte-simo dovevano essere quelli di un santo incluso nel Martirologio Romano, l'elenco ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa di Roma. Solo nel 1966 è stata quindi abolita anche la norma legislativa che vietava di imporre nomi stranieri a bambini di cittadinanza italiana, mentre ancora oggi in Italia non è ammesso che a un neonato venga attribuito lo stesso nome dei genitori o di fratelli viventi. Tale vincolo non esiste invece in altri paesi: in area anglosassone, ad esempio, è sufficiente aggiungere al nome proprio un junior o un numero romano per distinguere il figlio dal padre. Specie negli Stati Uniti, inoltre, negli ultimi anni si è sviluppata anche la tendenza a partire proprio dal nome di uno dei genitori e a trasformarlo, con i suffissi e le variazioni più insolite, in forme nuove e del tutto originali. La stessa ricerca di nomi sempre più stravaganti ha spinto anche alla loro creazione tramite l'anagramma o l'inversione delle sillabe di altri più noti, la combinazione inconsueta di voci e appellativi, l'unione delle lettere iniziali di parole liberamente scelte (acrostico). Non esiste poi limite alla fioritura di innumerevoli varianti ortografiche e fonetiche, di diminutivi e di forme abbreviate.